Il decreto semplificazioni è legge: cosa cambia per i comuni nella gestione di “antenna selvaggia”?

Il decreto semplificazioni è legge: cosa cambia per i comuni nella gestione di “antenna selvaggia”?
(di Giuseppe Teodoro)

Categoria: Elettrosmog
Con la pubblicazione in G.U. della L. 120/2020 di conversione del D.L. 76/2020, c.d. Semplificazioni, è stato modificato l’art. 8, 6° comma della Legge Quadro sull’inquinamento elettromagnetico (L. 36/2001), sui poteri dei comuni di “adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”.

Il decreto, convertito senza modificazioni, ha introdotto importanti novità per gli enti locali, da sempre in prima linea per fronteggiare il crescente e, spesso, problematico proliferare di antenne, ripetitori e tralicci destinati alla ricetrasmissione di comunicazioni mobili (stazioni radio base).

Con l’art. 38, 6° comma del Decreto Semplificazioni, nel ribadire la facoltà per i comuni di dotarsi di un regolamento, è stato inserito un riferimento esplicito ai “siti sensibili”, ancorchè “individuati in modo specifico”, assegnando, in tal modo, piena legittimazione normativa agli strumenti urbanistici dei piani territoriali o settoriali delle antenne, dedicati alla gestione virtuosa del “parco” antenne, accolto giocoforza nei territori dei nostri centri urbani.

Si tratta di un richiamo inedito, effetto di una oramai consolidata giurisprudenza dei giudici amministrativi, attraverso cui è stato via via riconosciuto il ruolo strategico e propositivo della pianificazione, quale strumento urbanistico a disposizione dei comuni, diretto a gestire la localizzazione degli impianti di telefonia mobile.

La pratica del ricorso a tali strumenti ha permesso di verificare che in tutte o quasi le situazioni di adozione, da parte di un comune, di un regolamento e relativo piano delle antenne si è innescato un meccanismo virtuoso, che ha prodotto quel c.d. bilanciamento di interessi, invocato da più parti, sintetizzabile nei seguenti obiettivi:

riduzione della esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici;
garanzia di un efficiente servizio di copertura delle reti;
diminuzione del conflitto sociale e dei contenziosi;
visione dello skyline urbano ordinata e gradevole.
Per la prima volta, dunque, è stato introdotto esplicitamente il principio di tutela delle “aree sensibili”, riconducibile ad un Regolamento e ad una forma di pianificazione.

Tuttavia, alcuni sindaci hanno contestato l’inciso della norma in oggetto, che fa divieto di introdurre limitazioni generalizzate alla localizzazione di antenne e/o di modificare i limiti elettromagnetici, attraverso ordinanze o provvedimenti di natura urgente.

Ho già avuto modo di intervenire in altre sedi segnalando l’inutilità della ratio di tale prescrizione e il gratuito accanimento a cui si è prestato il legislatore nel formularla.

In effetti, essa interviene ad evidenziare ciò che ai sindaci era già precluso, cioè: emanare ordinanze di censura per questa o quella tecnologia di comunicazione mobile, introducendo limitazioni alla localizzazione di stazioni radio base in aree generalizzate del territorio;
innalzare i limiti di esposizione dei campi elettromagnetici.
Nel primo caso, il divieto è sancito dall’art. 86, 3° comma del D.Lgs. 259/2003 (Codice delle Comunicazioni Elettroniche), che equipara a tutti gli effetti le infrastrutture di comunicazione elettronica alle opere di urbanizzazione primaria.

Nel secondo, è l’art. 4 della Legge 36/2001 a stabilire che la modifica dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità spetta allo Stato (DPCM 8/07/2003).

Per cui, l’intervento delineato nella seconda parte dell’art. 38, 6° comma del DL Semplificazione appare decisamente superfluo, ininfluente a vincolare i comportamenti dei sindaci, per richiamarli al rispetto di norme e regole di rango superiore, a cui essi stessi, per legge, hanno l’obbligo di conformarsi.

Per di più, tale intervento legislativo viene percepito dalle rappresentanze locali come un accanimento nei confronti di una categoria istituzionale (o sindaci) già condizionata dalle pressioni dei cittadini e quelle degli operatori telefonici, indotta ad assumere scelte, spesso, impopolari.

Per cui, il richiamo esplicito ai “siti sensibili” deve configurarsi non come una compressione o limitazione dei poteri urbanistici assegnati ai comuni, viceversa, come un vero e proprio riconoscimento della facoltà di pianificare e regolamentare la localizzazione delle stazioni radio base nel territorio, avvalendosi di strumenti qualificati per valutare e superare i rischi di esposizione della popolazione all’inquinamento elettromagnetico, pur nella consapevolezza di dover offrire la capillare copertura della rete di telefonia mobile.

Invero, in sede di discussione parlamentare, sull’articolo in questione erano stati presentati alcuni emendamenti, diretti, per lo più a rendere cogente e vincolante per i comuni il ricorso ai regolamenti, con evidenti benefici in termini di riduzione dei conflitti sociali e dei contenziosi con gli operatori.

Il legislatore ha, tuttavia, ritenuto di mantenere l’assetto attuale della norma, contenuta nella formulazione originale del decreto.

Ora, dunque, nel rinnovato quadro legislativo è auspicabile che tutte le amministrazioni locali adottino sin da subito Regolamento e Piano delle antenne, conformandosi a quanto stabilito nell’art. 8, 6° comma della L. 36/2001, come novellato dal Decreto Semplificazioni.

Infatti, non tutti i comuni sono al corrente di questa opportunità, che, tuttavia, rimane ancorata alla capacità di predisporre tecnicamente il Piano regolatore delle antenne.

Dotarsi di un Regolamento e contestuale Piano di localizzazione consente ai sindaci di superare le situazioni di conflittualità, in quanto il ricorso a tali strumenti urbanistici attrae e coinvolge le parti in causa (cittadini e operatori), restituendo il ruolo di arbitro e decisore al Comune, nella sua veste autorevole di soggetto che autorizza/nega la localizzazione degli impianti in determinati ambiti.

Ecco spiegato perché i regolamenti e piani, laddove recepiti secondo uno schema ben collaudato, sono definiti strumenti virtuosi, ai sensi delle tre P: partecipazione, pianificazione, precauzione!

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