di Giuseppe Teodoro – Consulente degli enti locali per le politiche di gestione territoriale delle infrastrutture di comunicazione elettronica
Le infrastrutture di comunicazione elettronica, quelle che comunemente chiamiamo Antenne, sono considerate, ai sensi delle disposizioni legislative vigenti:
- di “preminente interesse generale” (art. 3, co 2, D.Lgs. 259/2003);
- “assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria” (art. 43, co 4, D.Lgs. 259/2003);
- opere aventi “carattere di pubblica utilità” (art. 51, co 1, D.Lgs. 259/2003), la cui ubicazione è compatibile con tutte le destinazioni urbanistiche (residenziale, verde, agricola).
Tuttavia, nonostante tale riconoscimento, le menzionate infrastrutture non possono essere localizzate indiscriminatamente in ogni sito del territorio comunale, perché, al cospetto di rilevanti interessi di natura pubblica (sanitaria, paesaggistica, ambientale), l’esigenza della realizzazione dell’opera di pubblica utilità può risultare cedevole (Sent. CdS 3450/2021 – 8894/ 2022 – 5591/2022).
Questa affermazione, sorretta da un orientamento oramai consolidato della giurisprudenza dei giudici amministrativi, trova puntuale riscontro nella Legge Quadro sull’inquinamento elettromagnetico, L. 36/2001, laddove all’art. 8, comma 6, è prescritto che: “I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”.
Dunque, l’esigenza di realizzare la copertura capillare del territorio, invocata dalle compagnie di telefonia mobile, titolari della relativa licenza, incontra un limite giuridico ed amministrativo nella facoltà, riconosciuta agli enti locali, di dotare il proprio territorio di uno strumento di gestione e controllo nei confronti della diffusione indiscriminata di reti e infrastrutture di telecomunicazione, potenzialmente idonee a causare un danno al bene pubblico primario, cioè la salute e l’ambiente.
E poiché gli articoli 9 e 41 della Costituzione, come riformati dalla L. Cost. 1/2022, rappresentano senza dubbio un argine alla espansione del diritto d’impresa, che può essere limitata qualora subentrino esigenze di salute pubblica e di tutela dell’ambiente (art. 3, co 4, D. Lgs. 259/2003), i comuni virtuosi, in grado di intraprendere iniziative di pianificazione mirate ad “assicurare il corretto insediamento” degli impianti e “minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”, raggiungono con successo l’obiettivo di contenere il fenomeno di “antenna selvaggia”, riducendo i rischi di conflitti sociali e ricorsi alla giustizia amministrativa.
I numerosi interventi operati dal legislatore negli ultimi anni, con l’obiettivo di velocizzare le procedure autorizzative, in un quadro di crescente semplificazione normativa, hanno ottenuto unicamente il risultato di comprimere il ruolo e le competenze degli enti locali nel settore delle telecomunicazioni, creando per lo più ulteriore confusione e incertezza negli amministratori locali.
Dunque, le auspicate semplificazioni procedurali e l’accelerazione dell’iter per agevolare la distribuzione capillare delle reti mobili di ultima generazione, non si sono di fatto concretizzate ed ancora oggi si registra una grave carenza di pianificazione dello sviluppo infrastrutturale.
A sostenerlo è una ricerca effettuata da I-Com[[1]], Istituto Italiano per la Competitività, da cui emerge a chiare note che “non si rilevano, al momento, vantaggi in termini di riduzione delle tempistiche per il rilascio delle autorizzazioni” e che, nonostante gli interventi normativi approvati determinino enormi potenzialità, sussistono attualmente forti criticità nel garantire “l’osservanza e la corretta implementazione a livello locale della disciplina nazionale”.
L’analisi descrive, in sostanza, il fallimento degli interventi normativi, effettuati dal legislatore di turno negli ultimi anni, con l’intento di armonizzare la disciplina e “addomesticarla” alle esigenze della Industry TLCe segnala, viceversa, l’opportunità di avviare “un’interlocuzione diretta e strutturata tra il mondo delle imprese e gli Enti amministrativi” rispetto al tema della pianificazione dello sviluppo infrastrutturale.
Assume, al riguardo, rilevanza strategica l’intento di mettere in atto “strumenti di cooperazione tra operatori ed enti locali”, piuttosto che insistere con sistematiche azioni correttive, mirate unicamente a “punire” il ruolo attribuito ai comuni, in quanto detentori del potere/dovere di autorizzare la localizzazione degli impianti nel proprio territorio.
Un altro qualificante elemento, idoneo a depotenziare conflitti e perseguire obiettivi condivisi, è quello della Partecipazione. ISPRA[[2]] ha pubblicato uno studio sul ruolo dei processi partecipativi nel governo del territorio, condotto attraverso una indagine pilota in due quartieri romani, per raccogliere la percezione della tecnologia 5G da parte di cittadini e amministratori locali.
E’ emersa, inequivocabile, l’esigenza “di attivare percorsi di progettazione partecipata, relativi alla collocazione sul territorio di impianti di telefonia 5G” e, più in generale, l’importanza di acquisire dati e informazioni, anche da parte degli amministratori locali, utili ad acquisire un maggior grado di conoscenza, sia delle tecnologie di comunicazione mobile di ultima generazione, che dei procedimenti amministrativi legati al rilascio delle autorizzazioni.
A Roma, per fare un esempio concreto, il Regolamento vigente (DAC 26/2015) prevede questo percorso (Osservatorio sull’elettrosmog), ma non è mai stato attivato!
[1] https://www.i-com.it/2022/03/30/semplificando-si-innova-e-si-cresce-limpatto-dei-decreti-e-gli-scenari-futuri-per-le-tlc/
[2] https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/quaderni/ambiente-e-societa/il-ruolo-dei-processi-partecipativi-nel-governo-del-territorio-indagine-pilota